Nato nel 1983 a Casablanca, in Marocco, da genitori piemontesi, Lorenzo Careggio è cresciuto tra i piatti della tradizione piemontese e i sapori della cucina francese e nordafricana. E quando gli si chiede di individuare un periodo in cui ha cominciato ad amare la cucina, l’ex allievo dell’Accademia Niko Romito non ha dubbi: il suo viaggio a ritroso nel tempo lo porta a quando la domenica e nei giorni di festa pranzava a casa della nonna materna.
Le ricette della nonna
Per nonna Emma il rito del pranzo domenicale era sacro e coinvolgeva le famiglie dei quattro figli. Lorenzo amava stare in cucina con lei e darsi da fare per aiutarla. «Ho scoperto soltanto dopo che mia nonna si era scritta tutte le ricette delle feste in un quaderno», ricorda oggi Lorenzo. «Era meticolosa e anche un po’ gelosa del suo ruolo in cucina. Posso dire che, grazie a lei, quello della cucina è un mondo che c’è sempre stato dentro di me, a differenza di mia sorella, che con i fornelli non ha mai avuto grande dimestichezza».
Dopo il liceo gli studi di Ingegneria
Nonostante la passione per la cucina, Lorenzo deve iscriversi a una scuola molto diversa dall’alberghiero, e dopo il diploma del liceo scientifico frequenta la facoltà di Ingegneria di Torino. «In famiglia erano tutti laureati, compresi i miei zii, e ho dovuto attendere diversi anni prima di far accettare la mia scelta», spiega lo chef, che però non rimpiange gli anni “perduti” a inseguire la laurea. «Oggi dico che lo studio fatto frequentando il liceo e l’università è stato essenziale per la mia crescita», sottolinea. «Inoltre la cucina è una sorta di laboratorio, e tra i fornelli, gli abbattitori e le centrifughe si fa chimica applicata. L’aver studiato materie come chimica e fisica mi ha permesso di avere un approccio diverso con la materia prima. In un certo senso mi ha avvantaggiato rispetto a chi ha fatto altri studi».
Lorenzo si iscrive all’Associazione Cuochi di Torino e per 4-5 anni fa esperienze in alcuni ristoranti della città. «Ero scontento, mi arrabbiavo spesso con il mio capo che chiedeva di cucinare sempre le solite cose. Fino a quando non mi sono chiesto: “Come si fa ad entrare in una cucina bella?”. Esistono le scuole, mi sono risposto, e ho cominciato a cercare qualcosa che potesse rispondere alle mie esigenze». L’incontro con l’Accademia avviene casualmente, grazie a una trasmissione tv. «Il servizio al ristorante era finito tardi, forse erano le 3 di notte quando sono rientrato a casa», ricorda. «Accendo la tv e vedo Caterina Ceraudo che parla di un certo Niko. Poi Caterina dice: “Andare alla scuola di Niko Romito mi ha cambiato la vita”. In quel momento è come se mi fosse entrato un tarlo in testa. Nei giorni successivi mi sono informato, ho scoperto che la sede dell’Accademia si trovava accanto al ristorante tre stelle Michelin “Reale” e ho deciso che quella sarebbe stata la mia scuola».
Nuova vita in Accademia
La nuova vita di Lorenzo Careggio inizia nella primavera del 2015, con l’iscrizione al 7° Corso dell’Accademia. «Eravamo in dodici, coccolati e seguiti passo passo. È in quell’ambiente, con docenti di quel calibro, che capisci l’importanza di approfondire la conoscenza di tutto ciò che è cucina. Poi c’è stata anche l’esperienza di Spazio Rivisondoli: un mese di ristorante didattico molto bello e formativo, in cui metti alla prova tutte le tue capacità e cresci insieme a una squadra. Il tirocinio in un ristorante professionale invece l’ho fatto a Spazio Roma, ma non tutti e sei i mesi, perché ho voluto provare a lavorare anche a Spazio Milano, con Gaia Giordano. Ma la città di Milano non era nelle mie corde… questo andare su e giù con la metro dopo un po’ mi ha alienato e ho chiesto di tornare a Roma. A Spazio Roma ero capo partita degli antipasti, poi sono passato ai secondi».
Arriva il giorno dell’esame finale e il tema scelto dallo chef Niko Romito è il pollo. «Ho deciso di proporre un secondo del mio territorio, naturalmente rivisitato in chiave moderna: la Finanziera di Pollo», prosegue il cuoco torinese. «Ho utilizzato tutti gli scarti e le frattaglie per fare un’osmosi con cui ho glassato il pollo, insieme a un estratto di pelle di pollo per esaltarne la croccantezza. Ricordo la battuta che mi fece Stefano De Cesare: “secondo me o spacchi o butti tutto”. Il piatto per fortuna è piaciuto».
Da capo partita ad executive chef
Il cuoco torna a Torino e per un anno e mezzo lavora nel ristorante dell’Hotel Carignano come capo partita degli antipasti. In cucina c’è lo chef stellato Fabrizio Tesse, già secondo di Cannavacciuolo. È in questo periodo che il ristorante Carignano conquista la sua prima stella Michelin. Nell’ottobre del 2018 Lorenzo decide di vestire i panni dell’executive chef, e insieme a tre soci progetta e apre “Eragoffi”. «Volevamo dimostrare non solo di essere bravi, ma anche di saper alzare sempre più il tiro. E infatti nel 2019 veniamo segnalati dalle guide L’Espresso e Gambero Rosso e nel 2020 su quella Michelin». Alla cucina di Eragoffi sembra essere tornata anche nonna Emma. «Sono partito da alcune sue ricette, come gli agnolotti. Credo che un giorno raccoglierò le sue ricette un libro».
Una nuova sfida con un nuovo ristorante
Oltre al ristorante “Eragoffi”, con la sua società Lorenzo apre anche “Casa Goffi”, con un’offerta di pizze gourmet e tapas piemontesi, e un cocktail bar. Una scelta – quella di diversificare gli investimenti – rivelatasi oculata con l’arrivo della pandemia. Nell’aprile 2021 Lorenzo decide di allontanarsi dalla cucina e prendersi un periodo sabbatico. «Ho ragionato a lungo se volevo continuare a crescere come chef, se avevo bisogno di un progetto diverso», racconta. «Purtroppo il ristorante gourmet da solo non è economicamente sostenibile, e non voglio creare altre aziende per mantenere quella in perdita. Continuerò come socio investitore a seguire le mie attività, ma nel frattempo voglio capire come funzionano gli eventi e i banchetti, e rimettermi in gioco come chef. Per questo ho accettato di avviare un nuovo ristorante alla Rocca di Arignano, dove la ricerca di ricette e tradizioni sarà alla base dello studio di piatti dall’impronta contemporanea».
«Rendo attuale la tradizione»
Non a caso il piatto che più lo rappresenta è il Tonno di Saluzzo. «Una ricetta nata in onore della gallina bianca di Saluzzo, ma che prende spunto dalla tradizione piemontese, dal nostro Tonno di coniglio», spiega Lorenzo. «Ho usato il pollo al posto del coniglio, e ho cominciato a servirlo in una scatoletta di alluminio, accompagnandolo con erbe spontanee e un po’ di maionese. Questo piatto mi rappresenta perché offre una visione della mia cucina, libera da arie, cialde e altri ammenicoli che aggiungono poco al sapore genuino dell’ingrediente. La mia visione in fondo è questa: rendere attuale la tradizione».
@RIPRODUZIONE RISERVATA