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Daniele Ferrigno: territorio e stagionalità anche nei dolci

Immaginate di essere nati in Calabria, di essere cresciuti nel Lazio, di aver studiato in Umbria e in Abruzzo, di avere una nonna di origini napoletane e una madre russa. Immaginate insomma di essere Daniele Ferrigno: nato nel 1998 a Belvedere Marittimo (Cosenza), poi andato a vivere con la famiglia dall’età di un anno a Latina e a 14 anni trasferitosi da solo a Spoleto (dove è rimasto tre anni) per seguire la sua passione. Quindi tornare in Calabria, a Paola, per concludere il biennio di studi e infine l’alta formazione da cuoco a Castel di Sangro (L’Aquila), in Abruzzo.

Nonna Napoli, Madre Russia

A tutto questo bisogna aggiungere di essere il nipote di nonna Mirella, con la quale fin da piccolo impastava pizze e focacce, e figlio di mamma Julia, con la quale andare ogni anno a Mosca per stare con i nonni. Una madre che ha infuso in Daniele l’amore per tutto ciò che è russo. Come ad esempio le zuppe, in particolare il Boršċ, la zuppa di barbabietola rossa, carote, brodo di carne, cavolo cappuccio, patate e yogurt greco che è uno dei piatti preferiti dell’ex allievo. In questo melting pot di culture, esperienze e territori (tra l’altro Daniele parla benissimo la lingua russa), ci sarebbe un universo da raccontare. Ma noi ci fermeremo al mondo di Accademia.

Daniele Ferrigno in cucina

Alla ricerca del miglior alberghiero

«La passione per la cucina l’avevo fin da bambino, e grazie a mia nonna ho imparato ad impastare e a preparare sughi e primi piatti», prende a raccontare Daniele. «Dopo la scuola media, la scelta dell’istituto alberghiero è stata molto ragionata. Alla fine, d’accordo con i miei genitori, ho scelto quello che penso sia il migliore istituto alberghiero d’Italia, ovvero il De Carolis di Spoleto, e sono andato a vivere in collegio. Il biennio però l’ho concluso all’alberghiero di Paola, in Calabria, dove mi sono specializzato in cucina».

L’incontro con Caterina Ceraudo

Nel corso dell’ultimo anno dell’alberghiero a Paola, Daniele frequenta uno stage al ristorante di Caterina Ceraudo, una stella Michelin a Crotone. «Fu proprio Caterina, ex allieva di Niko Romito, a parlarmi di questo chef e della sua scuola incastonata tra le montagne abruzzesi», prosegue il giovane cuoco. «Mi sono documentato, ho letto sul sito tutto quello che c’era da sapere e subito dopo il diploma ho mandato la mia candidatura. Era l’estate del 2017, e in autunno sono stato chiamato a fare le selezioni a Castel di Sangro».

Gli allievi del 10° Corso con Niko Romito

Alta formazione a Casadonna

A 19 anni il giovanissimo allievo inizia il 10° Corso di cucina italiana professionale. Tra le lezioni che più lo appassionano c’è quella di pasticceria. «Indimenticabili le giornate trascorse in laboratorio con il pastry chef Antonino Maresca», sottolinea Daniele, «ma anche quelle con il tutor chef Mazza sulle basi di cucina e le paste fresche, o di chef Bellavia sulle carni e di chef Sangiorgi sulle tecniche avanzate. Tutte lezioni che ho trovate di alto livello. Una scuola completamente diversa dall’Alberghiero, non solo per la qualità delle materie prime di cui disponeva ogni allievo, o per le attrezzature, o per la grande professionalità degli insegnanti, ma anche per lo studio profondo che richiedeva ogni singola materia. Studio, ricerca, pratica. Ognuno di noi era seguito quasi personalmente dai docenti, perché di allievi l’Accademia Niko Romito ne ammette pochi».

Rivisondoli, Milano, Capaccio

A fine dicembre gli allievi del 10° Corso si trasferiscono nel ristorante didattico di Rivisondoli per il tirocinio formativo. «Un’esperienza bellissima», spiega Daniele «ma anche faticosa. Ho imparato come si organizza una brigata di cucina, ma soprattutto Spazio Rivisondoli mi ha fatto capire come funziona un ristorante».
Dopo Rivisondoli, gli allievi del 10° Corso hanno ricevuto le destinazioni per i sei mesi conclusivi di tirocinio curricolare. «A me è toccato andare a Spazio Milano, dove mi sono occupato di pasticceria. Dopo tre mesi che mi sono fatto le ossa sono andato a Capaccio, Paestum, al ristorante di Cristian Torsiello, una stella Michelin. Lì ho continuato a occuparmi di pasticceria insieme a un altro ragazzo, e lavoravamo soprattutto con i banchetti».

Il piatto presentato all’esame finale

Tortelli per l’esame finale

Conclusi i sei mesi di tirocinio, Daniele Ferrigno torna a Casadonna per l’esame finale. «Il tema assegnato era la pasta ripiena, e io alla commissione ho proposto un primo piatto: tortelli fatti interamente con la semola e ripieni di zucca mantovana, funghi pioppini, ricotta, quaglia e il suo fondo. Ricordo», aggiunge il giovane cuoco «che tutti e 15 i commissari mi fecero i complimenti per la scioglievolezza e allo stesso tempo la masticabilità dei tortelli, cotti perfettamente al dente».
Alla fine dell’anno 2018, con l’attestato dell’Accademia Niko Romito in tasca, Daniele torna in Calabria, e per un anno circa lavora nella cucina del ristorante di un amico. «Poi il Covid ha bloccato tutto, e se non fosse stato per mio padre Gennaro probabilmente avrei abbandonato questo lavoro. Papà mi ha dato le giuste motivazioni per non mollare», continua l’ex allievo.

A Latina l’incontro giusto

«Quando poi sono stato da mia madre, a Latina, è avvenuto l’incontro che mi ha rimesso in pista. Un giorno andiamo a prendere un aperitivo in un’enoteca champagneria del centro cittadino e conosco i titolari, che mi parlano dei loro progetti. Volevano aprire una cucina per fare anche il servizio ristorante, con una trentina di coperti. La cosa mi ha interessato molto. Mi sono presentato, ho detto che mi ero formato alla scuola di Niko Romito, che avevo fatto stage e tirocini in ristoranti stellati e mi hanno proposto di fare il cuoco da loro. C’è stata una bella convergenza di idee e ci siamo messi subito al lavoro, creando la cucina da zero. È stato bello, perché nonostante la giovane età si sono fidati completamente di me. E così da due anni lavoro come chef al “Vinum l’enoteca” di Latina».

La tradizione rivisitata e i dolci “non dolci”

La cucina che propone Daniele è molto legata alla stagionalità e al territorio. «A parte le carni argentine e irlandesi, tutto il resto del menù si caratterizza per essere una rivisitazione della cucina tradizionale», spiega lo chef. «Dalle eliche alla puttanesca all’agnello stufato con le patate, nei miei piatti uso pochi ingredienti, freschi e del territorio. E, come ho imparato dallo chef Niko Romito, nei dolci che propongo amo far esaltare i contrasti. Come nella mousse fondente con crumble al cacao, salsa con vino bianco, sale Maldon, alloro e rosmarino. I dolci dolci li sanno fare tutti…», sorride.
Qual è il sogno nel cassetto di Daniele Ferrigno? «Come tutti i cuochi, un domani vorrei avere un ristorante tutto mio, dove continuare a fare una cucina semplice e avere una bellissima cantina. Ma so di essere ancora giovane e di dover fare ancora tanta esperienza», conclude lo chef.

VINUM L’ENOTECA
CORSO GIACOMO MATTEOTTI 140
04100 LATINA

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