Skip to main content

Francesca Paternoster, il miele raccontato dalla parte delle api

By August 6, 2022News

Francesca Paternoster (Mieli Thun)

A poco più di un anno dall’incidente che ha portato via Andrea Paternoster, l’apicoltore d’avanguardia creatore del marchio Mieli Thun e docente dell’Accademia Niko Romito, l’Accademia ha ospitato la figlia Francesca per la lezione sul miele. Da sempre l’appuntamento con la lezione del miele rappresenta, per gli allievi, la scoperta di un mondo affascinante, fatto di aromi e di colori, ma soprattutto di vita. Perché le api – attraverso l’impollinazione – danno vita e arricchiscono la natura di biodiversità. Non a caso quella del miele è considerata una tra le lezioni più interessanti del corso professionale di cucina.

Miele esaltatore di sapori

Conoscere il mondo del miele vuol dire conoscere il mondo della api e la complessità della natura. E per un cuoco l’uso del miele in cucina rappresenta anche un approccio culturale nuovo. «Il miele è sempre stato visto come l’alimento da dare ai malati, quando si ha il raffreddore o mal di gola», spiega Francesca Paternoster, che insieme alla sorella Elena ha preso in mano l’azienda Mieli Thun con i suoi 1.400 alveari dislocati in 60 diverse zone produttive, compresa Casadonna in Abruzzo. «In altri casi si usa soltanto per fare i dolci. Ma il miele non è un alimento da usare solo in inverno: è invece un esaltatore di sapori che, se abbinato bene, può cambiare in meglio la struttura di un piatto, carne pesce o vegetale che sia».

Una degustazione multisensoriale

Dopo una breve introduzione sulla storia, sulla “coltura” delle api e sulla produzione del miele, la giovane apicultrice – con la collaborazione dell’esperta Elisia Menduni – ha fatto degustare agli allievi nove tipi di miele monocultivar: abete, arancio, cardo, coriandolo, erba medica, eucalipto, indaco bastardo, sulla e tarassaco. Dopo aver sistemato sui banchi i calici con i nove tipi di miele, gli allievi hanno proceduto alla degustazione attraverso tre tipi di assaggio: infuso con acqua calda, assaggio diretto al cucchiaio e accompagnato su una fetta di pane. Un arcobaleno di sapori che si fa più intenso quando si prova l’eucalipto o l’arancio e più delicato quando si assaggia la sulla. «Produrre un miele con la prevalenza di un fiore è sicuramente più costoso», riprende Francesca. «Produrre miele non è un lavoro redditizio, per cui sostenere i costi di trasporto degli alveari in zone di una particolare fioritura, o la spesa di un’analisi specifica per individuare il fiore prevalente, non sempre è possibile. Ecco perché molti piccoli produttori preferiscono denominare il loro miele “millefiori”. In realtà c’è sempre un sapore che prevale sugli altri anche nei millefiori».

La raccolta del miele

La visita agli alveari

Dopo la degustazione, docente e allievi hanno raggiunto i laboratori per provare direttamente in cucina gli abbinamenti più piacevoli con i formaggi, con i risotti e con le carni. Nel pomeriggio si è svolta infine la lezione “pratica” con la visita agli alveari, per mostrare agli allievi come è organizzata all’interno un’arnia e come si raccoglie il miele. Armati di tuta, maschera a rete e guanti, i futuri cuochi hanno osservato direttamente come è sistemata l’ape regina, dove si trovano le larve, i fuchi, come si estrae il miele dai favi e come le api reagiscono a un attacco al proprio alveare. Nonostante la protezione, qualche allievo non è riuscito ad evitare la puntura di qualche ape innervosita dalla presenza del gruppo.

 

«Quando fa molto caldo le api sono più nervose», spiega Francesca Paternoster. «Però è importante vedere dal vivo come sono organizzate le api. Dopo un processo lungo milioni di anni, questi insetti si sono specializzati ad avere ruoli diversi, e per questo rappresentano un modello di organizzazione aziendale».

Un saluto con l’Idromele

Raccontare il miele dalla parte delle api è la caratteristica che contraddistingue il fascino delle lezioni che l’azienda Mieli Thun da anni svolge all’Accademia. E per suggellare la fine della giornata di lavoro, Francesca Paternoster ha dedicato un brindisi a tutti gli allievi del 17° Corso con una bottiglia di Idromele, una bevanda nata quasi per caso a seguito della ricca produzione di aceto di miele avviata dal padre nel 2003. «Una bevanda sperimentale a doppia fermentazione», spiega Francesca: «la prima con acqua e miele fermentati per tre mesi in botti di rovere, la seconda con lieviti in bottiglia. Il risultato? Non è un vino da dolce, ma una bevanda che ricorda il miele, con belle note profumate da usare anche come aperitivo». A salutare Francesca Paternoster anche lo chef Niko Romito.

@RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Leave a Reply